L’allergia alimentare è oggi una delle principali sfide di salute pubblica, non solo per la sua diffusione crescente, ma anche per le potenziali conseguenze gravi che può comportare. Tuttavia, la sua gestione è ancora in fase di definizione e il percorso per arrivare a un approccio terapeutico efficace e sostenibile è in continua evoluzione.
Oltre l’evitamento passivo
Fino a poco tempo fa, il trattamento più diffuso era l’evitamento totale dell’alimento allergenico. Un approccio che, sebbene efficace nella prevenzione delle reazioni, ha un impatto significativo sulla qualità della vita del paziente e della sua famiglia, comportando ansia, stress sociale e potenziali squilibri nutrizionali.
Va inoltre considerato che, per alcune allergie, la tolleranza spontanea si sviluppa solo in parte dei pazienti. Ad esempio, circa l’80% dei bambini allergici all’uovo e il 50% di quelli allergici al latte superano naturalmente la condizione entro l’età scolare. Ma in molti altri casi – come le allergie alle arachidi o alla frutta a guscio – meno del 10-20% dei soggetti raggiunge una tolleranza spontanea. Ciò significa che queste allergie possono persistere fino all’età adulta.
La svolta: immunoterapia e approcci attivi
Alla luce di queste considerazioni, la comunità scientifica sta promuovendo un cambiamento: passare da un approccio passivo a una gestione attiva dell’allergia alimentare. Questo include diete personalizzate, terapie immunomodulanti e, nei casi più selezionati, farmaci biologici.
L’immunoterapia orale (OIT) è oggi l’approccio più studiato in questo ambito. Consiste nella somministrazione controllata e progressiva dell’allergene al paziente, con l’obiettivo di indurre una desensibilizzazione e, in alcuni casi, una vera tolleranza. I risultati sono particolarmente incoraggianti per le allergie persistenti a latte, uovo e arachidi.
Sebbene l’età ideale per iniziare l’OIT sia tra i 4 e i 5 anni (per attendere un’eventuale risoluzione spontanea), studi recenti mostrano che un intervento ancora più precoce può essere efficace e sicuro, grazie alla maggiore “plasticità immunologica” nei primi anni di vita.
Un percorso impegnativo ma promettente
Nonostante le sue potenzialità, l’immunoterapia orale resta un percorso complesso: richiede tempi lunghi, un impegno costante da parte della famiglia e la disponibilità di centri specializzati, dotati di esperienza e attrezzature per gestire eventuali reazioni avverse – per quanto rare, possono essere anche gravi.
Nel 2024, l’AIFA ha approvato Palforzia, il primo farmaco biologico orale disponibile per il trattamento dell’allergia alle arachidi nei bambini dai 4 ai 17 anni. Si presenta sotto forma di polvere in capsule o bustine e viene somministrato in tre fasi: induzione iniziale in ambiente clinico, aumento progressivo a domicilio e mantenimento con una dose giornaliera costante per 24 mesi. I dati indicano un buon profilo di sicurezza ed efficacia.
Anche altri farmaci biologici, come Omalizumab, stanno emergendo come opzioni promettenti, soprattutto in termini di sicurezza, ma sono ancora in corso studi per definirne meglio modalità e durata di utilizzo.
Verso un trattamento su misura
Una delle lezioni più importanti che emerge dalla letteratura scientifica è la necessità di personalizzare ogni intervento. Non esiste un’unica strada valida per tutti: la scelta terapeutica deve tener conto non solo del tipo di allergia e della disponibilità dei centri clinici, ma anche degli obiettivi e dello stile di vita del paziente.
Che si tratti di dieta, immunoterapia o farmaci biologici, l’approccio deve essere flessibile, centrato sul paziente e mirato a migliorare – e non complicare – la sua qualità di vita.
Articolo a cura di Carmen Montera, AOU San Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona, Salerno